La sua virilità offerta…

Ripensava al corpo di Ludwig. L’aveva visto avvicinandosi alla porta accostata mentre lui usciva dalla vasca dopo il bagno. La sua immagine riflessa nel grande specchio dai bordi appannati, come in una visione.
La sua virilità offerta ai suoi occhi senza più alcun segreto. Sconvolgente. Quasi a sfidarla sfacciatamente affinché venisse colta.
Si era sentita avvampare, una frustata al basso ventre l’aveva come inchiodata al pavimento, ed era rimasta lì, immobile, a spiarlo come un predatore.
Le bellissime mani dalle lunghe dita eleganti avevano afferrato il telo per avvolgere il capo, frizionare i capelli bagnati che ora sembravano scuri e dai quali poco prima nascevano minuscoli rivoli d’acqua che gli scorrevano giù per il collo, sulle spalle forti. Quelle stesse mani che talvolta si posavano su di lei in teneri gesti di affetto.
Avrebbe voluto strofinare il proprio viso contro i peli arruffati che gli ricoprivano il petto, affondarvi per sentirli ruvidi sulla sua pelle. Raccogliere con le sue labbra, ad una ad una, le goccioline che imperlavano quello stupendo corpo d’animale capace di accendere in lei impulsi e desideri così reconditi, fino a quel momento mai provati. Cingergli con entrambe le braccia le anche strette e baciargli la vecchia ferita che recava sul fianco offerto al suo sguardo, percorrerla tutta con la punta della lingua. Sentire contro di sé la solidità dei glutei, dei muscoli scattanti delle lunghe cosce, tuffare le dita nella peluria che là spuntava più folta e quasi più scura. Esplorarlo. Accoglierlo nelle sue mani, sentirlo prima inerte e indifeso, poi crescere e riempirsi di desiderio per lei.
Sì, conoscere il desiderio di quell’uomo per lei. Sentirlo suo, interamente.
L’aveva visto avvolgersi i fianchi con il telo poi ravviarsi i capelli, mentre si avvicinava allo specchio appannato e, con la mano che gli rimaneva libera, stretta a pugno, lo strofinava con movimenti circolari per aprirvi una finestrella in cui riflettersi.
Si era improvvisamente appiattita contro il muro per paura di essere sorpresa. Il cuore che sembrava volerle scappare su per la gola, le tempie che le scottavano. Aveva chiuso gli occhi premendosi una mano contro la bocca per paura di gridare, il ventre in fiamme. Poi, piano piano, in punta di piedi si era allontanata.
Era andata a rifugiarsi nella propria stanza e si era gettata sul letto. Aveva pianto e morso il cuscino, si era affondata le dita nella carne bagnata che le bruciava ancora, per placarsi. Poi, poco per volta si era calmata, i singulti si erano spenti e una delusa spossatezza aveva regnato in lei.
“Mio Dio, che cosa mi sta succedendo” diceva ora fra sé con un filo di voce rauca che le parve di non riconoscere, mentre fissava il soffitto bianco e le sottilissime crepe, appena percettibili, che lo percorrevano.
Si alzò e andò a sedersi alla specchiera. Ispezionò ogni angolo del proprio viso come per cogliervi un segno in cui si potesse leggere la propria colpa. Gli occhi avevano uno strano lucore e apparivano ancora più grandi, le labbra sembravano gonfie e irritate. Piccole chiazze rossastre le maculavano le guance. Prese la brocca smaltata e versò l’acqua nel catino.
Sentì i suoi passi sul parquet scricchiolante passare davanti alla sua porta chiusa, esitare. Poi lo udì scendere le scale. Si augurò che non la venisse a cercare in quel momento.
Finì di spazzolarsi nervosamente i capelli finché non li vide luccicare, poi andò alla finestra a guardare i lembi grigi del cielo che i rami nudi degli ippocastani sembravano avere intrappolato.
Si sentiva svuotata, e poco dopo venne colta da un tale senso di angoscia e oppressione che si trascinò per l’intera giornata.

Il Veleno nell’Anima, Mariana Fujerof, Butterfly Edizioni

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